Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
No alla sospensione del processo tributario se pende un giudizio penale collegato
Non è ammissibile la sospensione del processo tributario in caso di contemporanea pendenza di un giudizio penale il cui esito potrebbe influire sulla decisione. È quanto affermato dalla Corte Costituzionale che, con l'ordinanza n. 335 del 24 novembre, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità dell'art.39 del D.Lgs. n.546/92.
I dati contabili in dichiarazione non provano l’autonoma organizzazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23446 del 19 novembre 2010, ha statuito che i dati contabili desumibili dalle dichiarazioni annuali e, in particolare, il valore dei beni strumentali non sono sufficienti all’Amministrazione Finanziaria per provare la presenza di un’autonoma organizzazione a carico di un professionista.
60 giorni per impugnare il provvedimento di rimborso parziale del credito
Al fine di non perdere il diritto ad ottenere il rimborso della parte residua del credito richiesto, il provvedimento di rimborso parziale emesso dall'Amministrazione Finanziaria deve essere impugnato dal contribuente davanti al giudice tributario entro sessanta giorni. Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n.23786 del 24 novembre), infatti, qualora l’Amministrazione emetta un provvedimento di rimborso parziale, questo si configura, per la parte relativa all'importo non rimborsato, come atto di rigetto della richiesta di rimborso originariamente presentata, con la conseguenza che detto provvedimento costituisce atto impugnabile quale rifiuto espresso nel termine di sessanta giorni dalla notificazione.
Illegittima la cartella notificata al curatore: non esiste obbligazione solidale
È illegittima la cartella di pagamento notificata personalmente al curatore quale asserito condebitore in solido con la procedura fallimentare. La pretesa tributaria – nella fattispecie, la ripresa del credito Iva dell’anno precedente, per il quale la dichiarazione non era stata presentata - è comunque infondata. È quanto emerge dalla sentenza n. 814/09 della Ctp di Reggio Emilia del 19 ottobre 2010.
Rivisto il sistema di raccolta e gestione delle segnalazioni di operazioni sospette
Con comunicato del 25 novembre, la Banca d’Italia avvisa che l’Unità di Informazione Finanziaria ha provveduto a una revisione del sistema di raccolta e gestione delle segnalazioni di operazioni sospette, al fine di migliorare la qualità delle segnalazioni stesse, assicurandone una maggiore uniformità e completezza. Il nuovo sistema, che sarà operativo dal maggio 2011, prevede che gli scambi informativi con i soggetti segnalanti siano posti in essere per via telematica, tramite il portale della Banca d’Italia, sul quale i segnalanti dovranno preventivamente registrarsi secondo le istruzioni che saranno tempestivamente rese disponibili sul sito della Banca d’Italia. Il nuovo schema di segnalazione sarà uguale per tutte le categorie di segnalanti (intermediari, professionisti, altri operatori), con diverso livello di dettaglio informativo in relazione alle peculiarità dei soggetti e dell’operatività segnalata. Il contenuto della segnalazione si articolerà in: dati identificativi della segnalazione; elementi informativi in forma strutturata; elementi descrittivi in forma libera. In linea con quanto previsto dall’art. 6, co. 6, lett. e-bis) del D.Lgs. n. 231/07, sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un provvedimento disciplinante i contenuti della segnalazione.
I tributaristi non possono rilasciare il visto di conformità
I professionisti che abitualmente esercitano attività di consulenza fiscale (c.d. “tributaristi”), indipendentemente dalla rilevanza specificamente attribuita al visto di conformità delle dichiarazioni dall’art. 10, co. 7 del D.L. n.78/09 ai fini della fruizione delle compensazioni dei crediti Iva, non sono legittimati al rilascio del visto di conformità. Lo sono, infatti, solamente i soggetti indicati alle lettere a) e b) del co. 3 dell’art. 3 del DPR n.322/98. A precisarlo è il Tar del Lazio con sentenza n.33676 del 19 novembre.
Tenere le scritture contabili presso terzi non comporta lo slittamento dei termini di registrazione delle fatture
Nell’ipotesi di contabilità affidata a terzi, per determinare l’eccedenza Iva rimborsabile - relativa, ad esempio, al primo trimestre - è necessario far riferimento alla differenza tra imposta esigibile derivante da operazioni attive registrate nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, e imposta detraibile per gli acquisti registrati nello stesso periodo. Naturalmente, anche l’esistenza dei presupposti per accedere al rimborso va verificata tenendo conto delle “movimentazioni” effettuate nel medesimo arco temporale. A precisarlo è l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 6/E dell’11 gennaio 2011
Imponibile la plusvalenza da cessione d’azienda con costituzione rendita vitalizia
È configurabile una plusvalenza da avviamento commerciale, ex art. 54, co.3 del Tuir, anche nel caso di cessione a titolo oneroso di un‘azienda il cui corrispettivo sia rappresentato dalla costituzione di una rendita vitalizia: ai fini del corrispettivo occorre infatti considerare il momento di stipulazione del contratto, tenendo conto della natura intrinsecamente onerosa e della configurazione giuridica dell’atto traslativo, e prescindendo da clausole estranee al tipo contrattuale, senza che assuma alcun rilievo il carattere aleatorio della rendita; né tale imputazione dà luogo ad una doppia imposizione. Lo conferma l’ordinanza della Cassazione n.23874 del 24 novembre 2010.
Di indebita compensazione Iva risponde anche il socio
La Corte di Cassazione, la sentenza n. 622, depositata il 13 gennaio 2011, ha stabilito che il reato di indebita compensazione previsto dall’art.10-quater del D.Lgs. n.74/00, può essere commesso oltre che dall’amministratore anche da un soggetto terzo, quale il socio, a titolo di concorso, se pone in essere consapevolmente condotte volte a realizzare la violazione. A tutti i concorrenti del reato tributario possono, inoltre, essere sequestrati beni personali.
La Cassazione conferma l’abuso se il fine è il solo risparmio d’imposta
Configura abuso del diritto una cessione di beni che cela un appalto, stipulata tra una persona fisica e una società (di cui la cedente, nel caso di specie è socia) al solo scopo di ottenere un indebito risparmio. Ne consegue che occorre effettuare adeguati approfondimenti da parte del giudice di merito, per verificare se gli accordi contrattuali avevano l’esclusivo fine di consentire un risparmio di imposta. Il principio è statuito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 688, depositata il 13 gennaio 2011.
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